Le mie opere leggere
Alla fine del secolo scorso, cioè intorno al 1997, ho cominciato a sentire il bisogno forte di esprimere le mie idee figurative, in genere realizzate pittoricamente, con tecniche varie su carta, su tela o tavolette, in forma solida andando cioè ad esplorare la terza dimensione con quell’attività che vien detta normalmente scultura.
Avevo già realizzato qualche prova usando la tradizionale creta ma quel tipo di tecnica manipolativa non faceva per me.
Nelle mie peregrinazioni tra musei e gallerie avevo visto artisti innovatori dei primi del Novecento e contemporanei lavorare con materiali eterogenei e montare pezzi, unire frammenti solidi di metalli, legni, e altre sostanze per creare opere che con la parola scultura hanno relativamente a che fare, sono in genere montaggi o assemblages.
Avevo osservato poi il mio amico artista Piero Gilardi creare le sue opere tridimensionali, i suoi favolosi tappeti natura con la gommaspugna o gommapiuma poi dipinta e resa più solida, consistente con lattice di gomma.
Partii anche io con quelle materie per creare opere prevalentemente astratte, ma presto trovai la lavorazione lunga e complessa per cui dopo la realizzazione di alcune opere in gommaspugna, tra cui alcuni miei libri d’artista, mi fermai.
Pochissimo tempo dopo mi imbattei presso un grande cassonetto della ex direzione FIAT di Corso Marconi di grossi frammenti buttati di un materiale che mi interessò subito: il polietilene espanso detto anche ethafoam.
Mi trovai subito molto bene con questo materiale non molliccio, elastico, ma resistente e leggerissimo che potevo tagliare senza troppo sforzo con coltelli e lamette e poi incollare con colla a caldo emessa da una pistola incollatrice. Acquistai quindi da un produttore delle lastre di cotesto materiale.
Tuttavia dopo la prima fase di assemblaggio/montaggio mi trovai le opere porose come quelle create in gommaspugna, quindi difficili da colorare: volevo una superficie liscia da dipingere, non con minuscoli forellini. Adottai allora un sistema che avevo imparato durante i due anni in cui avevo lavorato con una restauratrice: velai tutte le superfici porose delle opere con strisce di carta velina imbevute di colla forte da tappezziere.
Quindi dopo l’asciugatura passai, e passo, a dipingere, a coprire di colore acrilico le opere che feci grandi e piccine, in linea di massima affini al mio stile astratto simbolico; all’inizio creai pure dei mascheroni di prova quasi per gioco ed esperimento ispirati a maschere neotribali.
Ancora ora lavoro con queste tecniche che mi danno molta soddisfazione perché posso ottenere delle opere davvero leggere anche se voluminose.
(E questo lo dico anche in polemica con artisti noti contemporanei che lavorano grandi masse ferrose pesantissime che creano ingombri notevoli per i musei e le gallerie ove sono esposte, eccetto che siano opere per esterni)
Qui appongo una serie di mie opere piccole e grandi polimateriche leggere, in genere a soggetto astratto simbolico, talora ironico.