Sono opere che ho creato nel corso degli ultimi vent’anni, sono oggetti polimaterici che alludono all’oggetto libro più che esserli e qui li mostro perché ci troviamo, mi trovo nel periodo dell’apertura del Salone del libro 2023 qui, in Torino. … Continua a leggere →
Faccio notare ovvero ricordo a tutti gli amici e affezionati lettori di questo luogo letterario e artistico in generale che la mia mostra di opere su carta “ISOLE e ISOLATI” presso l’Associazione Culturale TEART di via Giotto 14 in Torino è prolungata fino al 10 maggio 2023
il prossimo giovedì 27 aprile 2023 alle ore 18,00 presenteremo il mio ultimo romanzo “Lettere da un bugigattolo” edito da Golem editore presso la vicina & amica biblioteca civica Natalia Ginzburgdi via Cesare Lombroso 16 in Torino.
Presenterà il libro il poeta, scrittore e pittore Massimo Tosco dell’Agenzia Poetica Torinese. Con l’appoggio amichevole di Periferia Letteraria, avremo pure con noi l’ottimo attore Gianni Bissaca che leggerà alcuni brani.
La mia mostra Isole e isolati, che inauguriamo mercoledi 12 aprile alle 17,30 all’Associazione Culturale TEART in via Giotto 14, raccoglie un quarantina di lavori in piccolo formato, mediamente A4, su carta eseguiti con tecniche diverse specialmente con ecoline, inchiostri e acquerelli.
Il titolo Isole e isolati rimanda ad un periodo recente, decisamente doloroso e grave, quello detto del lockdown, in cui i lavori esposti furono in gran parte da me eseguiti. Invero il poter lavorare su, in, con queste operette mi è stato molto utile, di sollievo. Ho usato il tema dell’isola come uno strumento di esplorazione del profondo ed ho cercato di lavorare abbandonandomi alle voci dell’inconscio, in qualche modo il disegnare, dipingere, indagare sullo stesso tema è stato in parte liberatorio, una lampada per far chiarezza, la pittura è stata una leva per sollevarmi e liberarmi dagli umori più oscuri che tutti hanno avvolto in quel recente periodo.Tuttavia i lavori esposti ascrivibili come stile a una sfera surrealista e in parte astratta, a volte mostrano anche un risvolto ironico per chi lo sa cogliere.
Ho inoltre inserito nella mostra alcune tavole mie di un altro periodo, eseguite all’inizio degli anni ‘80, perché lo stesso tema dell’isola e del relativo isolamento mi ha sempre affascinato, non per niente in tempi lontani, negli anni ’60, disegnai a china, eremiti stanti o vagabondi. Tutti questi temi erano e sono collegati. E ciò era quasi naturale
La mostra sarà aperta dal martedì al venerdì dalle 17,00 alle 19,00.
A differenza dei miei precedenti scritti questo romanzo ha un risvolto più autobiografico. Benché ogni narrazione sia in fondo autobiografia, anche un saggio, prima rifiutavo di dire di me, lo trovavo un poco narcisista, al massimo potevo ambientare le vicende in luoghi a me cari o conosciuti e creare figure fittizie ispirate a persone reali.
L’ho intitolato: “Lettere da un bugigattolo”, non perché l’abbia scritto in un bugigattolo o in uno stambugio (dico tuttavia che ambedue i termini per indicare un camerino mi piacciono molto, mi suonano bene), ma il mio protagonista forse scrive, o ha scritto le sue missive in un angolo di casa che lui definisce bugigattolo, forse per compiangersi un poco.
È la storia di un ragioniere settantenne, Giuseppe detto Nino, sposato, padre e nonno, pensionato dello Stato, già segretario scolastico, culturalmente preparato, anche per l’enorme influenza che ebbe su di lui un amato mentore ora defunto, un certo professor prof. Arturo Carminati, il grande Arturo…
Per insoddisfazioni, anche paure insorte dopo la deludente partecipazione ad un circolo culturale di quartiere, e antiche sue antiche nebbie mentali, non vede una via d’uscita utile e creativa in questo sprazzo della sua vita inoperosa, prova un grave disagio e si sente depresso.
Per uscire da questo suo pesante stato decide di crearsi, anzi di dedicarsi e di donarsi un‘autoterapia con la scrittura, ovvero si mette a scrivere lettere molto personali, tuttavia virtuali, a persone varie, a volte defunte, o anche a qualche vivente, ma più spesso a personaggi leggendari, storici e letterari, specie di grandi opere storiche o fantastiche come Giona, Pinocchio, Geppetto, Moby Dick, Alice in the Wonderland, lo spaventapasseri e l’uomo di latta, personaggi del Mago di Oz.
Con questi favolosi esseri si confronta, si apre, conversa sapendo che in essi ci si può pure specchiare.
E scrive, scrive molto e decide pure di spedire una lettera materiale, cartacea, ad uno scrittore “vero” che conobbe, per presentargli e spiegargli questo suo nuovo lavoro letterario e introspettivo.
È una storia scritta in uno stile discorsivo, molto libero, a volte ironico, altre drammatico.
Mi auguro incuriosisca, interessi e stimoli riflessioni su cosa può essere la narrativa intesa come lavoro di concentrazione, meditazione e ricerca dentro di sé, quando le parole, i termini, le costruzioni narrative diventano strumenti di scavo, e pennelli e ramazze per scoprire i lati bui delle fondamenta personali, gli angoli oscuri e le cantine infangate, i muri di sostegno, le sostruzioni della propria personalità e quindi aiutino a riflettere sempre più a fondo, trovare noccioli e tesori singolari interiori, e anche altre preziose carabattole psichiche sepolte.
Ringrazio naturalmente l’editore Giancarlo Caselli, di Golem edizioni, che mi ha mostrato subito fiducia incondizionata e l’ottima editor Chiara Barigelli che mi ha molto aiutato per ripulire il testo.
Poco dopo aver terminato questo nuovo mio romanzo, e averlo corretto e ricorretto, gli ho affibbiato un titolo che può sembrare buffo, perché bugigattolo è un termine desueto e strambo, però mi piace, mi è sempre andato a genio.
Il bugigattolo mi ricorda un luogo piccolo, uno stanzino un po’ polveroso, che si può anche definire stambugio, ma al contrario il mio protagonista che scrive le sue strane missive a personaggi più che altro vissuti nella fantasia di famosi scrittori, non sta davanti ad un pc in uno stambugio, in un camerino o cameretta, sta in un suo arioso studiolo che condivide con la moglie nel suo appartamento.
Ho sussurrato questo mio titolo ad un vecchio amico scrittore che si è fatta una gran risata, pure sua moglie, ch’è donna molto spiritosa ha detto che era un titolo davvero simpatico e gradevole.
Però, mi sono detto, bisogna vedere se piace ad un eventuale editore…
È piaciuto davvero! Ho presentato il mio manufatto manoscritto al responsabile della editrice Golem che dopo qualche giorno ha accettato il testo, il mio romanzo, pure con questo titolo bislacco. Qui allego il volantino di promozione per questo libro che uscirà a marzo.
Ho terminato di correggere il mio nuovo romanzo cominciato nel luglio dell’anno scorso.
Letto riletto corretto varie volte.
A differenza dei miei precedenti scritti ha un lato un poco più autobiografico. Benché ogni scritto sia in fondo autobiografico, anche un saggio, prima rifiutavo di dire di me in narrativa, lo trovavo un poco narcisista, al massimo potevo ambientare le vicende in luoghi a me cari o conosciuti e creare figure fittizie ispirate a persone vere, cioè esistenti o esistite.
Ho sentito un bisogno psicologico profondo di fare riferimento, in parte, a ambienti e individui viventi, a vicende mie vissute
All’inizio il testo era nato come un racconto, poi si è esteso. Ho preso gusto a scrivere lettere che il mio protagonista crea, elabora, distilla.
L’ho intitolato: “Lettere da un bugigattolo”
È la storia di un ragioniere settantenne, maritato, padre e nonno, pensionato dello Stato, già segretario scolastico, culturalmente preparato, anche per l’enorme influenza che ebbe su di lui un amato mentore ora defunto.
Per insoddisfazioni, delusioni, nebbie fosche nella mente non vede una via d’uscita utile e creativa in questo sprazzo della sua vita, e si sente depresso.
Per uscire da questo suo pesante stato decide di crearsi, anzi di dedicarsi e donarsi un”autoterapia” con la scrittura, narrando, ovvero si mette a scrivere lettere molto personali, tuttavia virtuali, a persone varie, già esistite, morte o viventi, o più spesso a personaggi storici e letterari, specie di grandi opere fantastiche come Giona, Pinocchio, Geppetto, Moby Dick, Alice in the Wonderland, lo spaventapasseri e l’uomo di latta. Con questi favolosi esseri si confronta, conversa sapendo che in essi ci si può pure specchiare.
E scrive, scrive parecchio e si decide pure di spedire un lettera materiale, cartacea, ad uno scrittore “vero” che conobbe, per presentargli e spiegargli questo suo lavoro e sentire il suo parere competente.
È una storia scritta in uno stile discorsivo, molto libero, a volte ironico, altre drammatico.
Spero trovi un editore e incuriosisca, interessi e piaccia. E anche stimoli riflessioni su cosa può essere la narrativa intesa come lavoro di scavo dentro di sé, quando le parole, i termini, le costruzioni, la trama diventano pale e picconi e pennelli e ramazze per scoprire le fondamenta personali, gli angoli oscuri e le cantine infangate, i muri di sostegno, le sostruzioni e quindi per riflettere più a fondo, trovare noccioli e tesori singolari, le proprie preziose carabattole psichiche sepolte.
Magari in un bugigattolo della propria persona, poco esplorato.
Una trentina di anni fa, dopo aver riletto “Moby Dick o la Balena” di Melville, e aver riflettuto e fantasticato parecchio sulle vite possibili e impossibili del capitano Ahab, presi a inventarmi episodi non narrati da Melville, magari surreali o folli, della vita del suddetto marinaio, impavido cacciatore di balene e capogli.
Per meglio rendere tangibili le mie fantasie ho preso fogli e inchiostro di china e penna e pennini e mi sono messo a disegnare. Sotto ogni tavola ho scritto poi un commento, a volte con pretese poetiche e con un filo di ironia. Non sapevo esattamente per quale motivo facevo questa operazione di aggiunta abusiva e revisione del capolavoro che tanto ho amato e amo. Col tempo poi ci ho riflettuto: penso di aver in qualche modo voluto smitizzare l’eroe, in qualche modo renderlo più tangibile umanamente, meno duro, più sfumato forse più bizzarro ma più amabile. E così dopo che delle care amiche mi hanno tradotto negli anni le didascalie in tedesco e francese e non aver raggiunto nessun risultato editoriale, posto ovvero pongo qui sul mio sito blog questa storia, queste tavole a cui sono molto affezionato e che spero interessino qualche passeggero nel mare sempre mosso del web.
dal mio libro, la raccolta di racconti “DICE CHE MIA MAMMA FACEVA LE POSTE” edito da Augh edizioni nel settembre 2021.
È la storia di un tale che ho intravisto una volta, tanti anni fa, che mi aveva molto colpito, e me lo sono ricostruito da poche parole udite da lui, una persona estremamente schiva, che viveva in una ex portineria ove aveva passato l’infanzia con sua madre…
sotto potete trovare il link del filmato dove vi leggo il racconto di Sergio
Ho scritto nei mesi scorsi, stando la situazione, anche dolorosa, di emergenza con isolamento totale o parziale una serie di racconti poco verosimili o in parte verisimili che hanno soggetto, traggono lo spunto dal vocabolo isola insula, da cui isolamento, e via dicendo.
Ecco: questo è il più folle dei racconti che dovrebbe spostare il lettore in un ambiente straniante. Ne sono abbastanza soddisfatto.
L’audace blog “Malgrado le mosche” che ha già pubblicato altri miei pezzi l’ha ora reso visibile e leggibile con un’illustrazione di Veronica La Greca:
È finalmente uscito o uscita la mia raccolta di racconti
DICE CHE MIA MAMMA FACEVA LE POSTE edito da AUGH Edizioni, del gruppo Utterson di Viterbo.
Sono racconti che ho scritto circa dieci anni fa, sotto il titolo di Psicopatologie locali, intestazione che conservavo solo per me. Tuttavia pur sentendoli sempre vicini mi turbano ancora un poco perché i temi trattati, i personaggi delineati a volte sono spesso molesti o importuni o sofferenti di malori mentali. Ci si aggira tra scene dolorose o tra scenari immaginari partoriti da menti turbate. Intendevo anche con questi mei scritti gettare una mia luce su persone sofferenti che vivono in modo patologico situazioni che per molti sono “normali”, perché i soggetti delle storie, i personaggi narrati, sono sofferenti, poveracci, malati mentali, pìcari, visionari, ladri o truffatori di mezza tacca, o vittime di violenze familiari e non. Persone emarginate, cioè che vivono in quel margine, detto zona d’ombra, di cui si evita di parlare, se ne dice il meno possibile, eccetto il caso in cui diventino protagoniste di fatti di cronaca nera. Era da tempo che attendevo questa edizione perché la sua comparsa doveva avvenire da circa un anno e mezzo, in occasione del Salone del libro di Torino del 2020, ma l’apparizione svanì, perché il Salone non si aprì per la presente pandemia. Ho corrotto Il linguaggio con dialettismi, neologismi uditi dal vero per rendere più credibili, incisive le scene e farle penetrare negli angoli remoti del sentire e intendere del lettore
Ho scritto queste storie, per l’interesse, e anche per l’empatia, la compassione che ho sempre sentito forte per questo mondo di abbandonati, di gente lesa dalla natura medesima, allontanati dalla vita sociale, ignorati sovente da qualsiasi aiuto pubblico o privato.
Talora ho virato su toni amaramente ironici o grotteschi anche per spostare il taglio dello sguardo sul lato tuttavia buffo che alcuni di questi personaggi possono presentare.
Ho accompagnato molte storie con una mia illustrazione, non ne potevo fare a meno. Il vedere e poi il disegnare era ed è tutt’uno col narrare.
La prima presentazione si terra alla Libreria Trebisonda di Torino, giovedì 16 settembre 2021, alle ore 18,30, e mi accompagnerà nei discorsi sui racconti il mio caro amico Piergianni Curti poeta e narratore, nonché matematico.
Sto per terminare una raccolta di racconti ambientati in isole.
Quasi come ovvia conseguenza della pandemia che ha ci costretto, nei momenti più pericolosi e bui, all’isolamento, a ritirarci nelle proprie isole abitative, e spesso in quelle mentali le quali hanno preso a fermentare emettendo talvolta pessimi umori, procurando malanni psichici.
Ho cercato di rimediare ai guai presenti, come al solito, prima disegnando, dipingendo e poi scrivendo e vado ancora avanti alla ricerca del segreto dell’isola che non c’è, se non nella mia mente, e vola e scivola d’ala e strabicca e ammara, anche amara.
Dal marzo del 2020, quando qui in Italia è diventato chiaro ed evidente il fenomeno che ci faceva trovare coinvolti, come il resto del mondo in una pandemia spaventosa che produceva panico, disastri, tante morti e crisi sanitarie generali come non si vedevano dal tempo della cosiddetta “febbre spagnola” che imperversò verso la fine della prima guerra mondiale fino al 1920, come tutti ho provato uno scoramento notevolissimo e come autoterapia mentale, come feci altre volte, mi sono dedicato molto al disegno, all’illustrazione su carta, più che alla pittura su tela o ai miei lavori polimaterici.
All’isolamento e al distanziamento personale imposto dalle autorità sanitarie, con il cosiddetto lockdown o chiavarda, ho cercato di porre rimedio interiore impegnandomi su temi suggeriti dalle parole stesse: isolamento da isola, e la tragedia epidemica come mostro, monstrum, evento o essere spaventoso, terribile. Quindi ho lavorato su soggetti suggeritimi anche anche dal mito, dal mondo antico. Ho disegnato mostri primordiali, improbabili, surreali e quasi contemporaneamente ho iniziato una serie di racconti che devo ancora terminare dedicata al soggetto isola e anche a personaggi che scelgono di vivere isolati, magari in un’isola, o sono costretti, o vogliono scegliere deliberatamente l’isolamento, un distacco dalla comunità degli umani.
Qui pongo ad esempio alcuni disegni, acquerelli, lavori ad inchiostri lavorati nel 2020 e nel 2021. Essi sono in gran parte in stile grottesco surreale con una ispirazione ad un possibile verosimile, non astratto/simbolici, perché quando lavoro a temi di queste genere, più illustrativi, orecchio ancora ad un mondo forse reale, tuttavia molto difforme
Era facile seguire una strada tracciata e già percorsa, era facile lasciarsi andare a gesti e materiali consueti nuotare in acque tranquille e amiche col prediletto acquerello: trasparente, luminoso e delicato. Ma avevo l’urgenza di voltare pagina abbandonare il sentiero agevole per un viaggio insolito incerto, forse pietroso e ancora sconosciuto che eccitava l’immaginazione, mi metteva alla prova del fare senza ancora ravvisare dove mi avrebbe condotta.
Al centro sempre l’amata carta, maneggevole e assorbente di grana e spessore diversi, fatta a mano, ma in modo nuovo, come materia spessa e intricata. Ho sperimentato i materiali in modo bruto e istintivo, manipolando una scorza ruvida e plastica che racconta spazi e paesaggi interiori o sognati, abissali o astrali.
Un cammino dedicato a carta e cartone, alla loro leggerezza,
non solo nelle opere, ma anche nelle cornici che Mario ha inventato e realizzato per me con un riuso creativo originale.
Nella seconda parte del 2019 mi è venuto spontaneo di dipingere una forma sgusciata dal subconscio, indefinibile mentre andavo formandola sulla tela. Sul finire del lavoro, sono rimasto parecchio perplesso e mi sono detto: Ho dipinto uno straccio, uno straccio appeso a un chiodo. Riflettendo anche sulla mia età avanzata, ho pensato: Mi sono fatto una sorta di autoritratto…
Poi ho ricordato che la mia compagna Anna, nei primi tempi della nostra storia mi dedicò un suo significativo e bellissimo disegno a china, intitolato Gli stracci diventano altro, ove un cencio appeso alla maniglia di una porta pareva una sorta di ritratto.
Quelle parole mi sono rimaste incise dentro per cui recentemente ho continuato a lavorare con convinzione sul tema degli stracci.
In uno di quei giorni andavo dicendo al mio amico Romano:
Sto dipingendo degli stracci… Lui ridendo ha risposto: Stai facendo come lo zio Antonio! Con questo nome ricordava suo zio, l’ottimo pittore Antonio Testa, che considero mio maestro in pectore; anche lui, pur rifiutando l’Arte astratta, da anziano, andava dipingendo straordinari stracci, del tutto informali.
Di fatto la parola straccio è soltanto un pretesto.
Sono partito da un’ipotetica forma di cencio vagante in angoli della mia mente per fare una ricerca astratto simbolica, come è mio solito, abbandonandomi all’interiorità, per arrivare a creare opere con strutture che prima non immaginavo. È stato un combattimento per superare il prototipo, per cercare e scoprire altro che si celava e si nasconde sotto la finzione di straccio. Un osservatore attento e sensibile può vedervi anche forme che non ho nemmeno immaginato, come io stesso a volte vedo altro in mie vecchie figurazioni.
Chiunque si azzardi a cercare una ragione a questo blogo sarà perseguito a termini di legge; chiunque si azzardi a trovarci una morale sarà esiliato; chiunque si azzardi a cercarci un intreccio sarà fucilato.