Lettere da un bugigattolo: in compagnia del profeta Giona, di Oannes e di Johannes

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Nel mio ultimo romanzo “Lettere da un bugigattolo”, uscito nel marzo di quest’anno 2023 per Golem editore, il mio protagonista Nino Ferrero riflette parecchio sul suo passato ed in un tratto gli balugina tra gli occhi il profeta Giona di cui tanto aveva sentito affabulare da ragazzo. Per questo è stimolato a studiare la presenza di uomini ingoiati o divorati da mostri marini nell’antichità e scopre sul web l’esistenza di un antichissimo dio mesopotamico detto Oannes mezzo uomo e mezzo pesce; ricorda e riflette pure sulle parole evangeliche “Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Johannes” cioè Giovanni il Battista, detto uomo d’acqua perché è quasi sempre raffigurato coi piedi in una pozza o torrente per battezzare. Ha quindi una sorta di insight o illuminazione: la faccenda dei pesci, degli dei e dei mostri marini che ingoiano uomini e poi li risputano prende ad affascinarlo moltissimo, tanto che, buttate le acciughe in frigo che aveva appena acquistato al mercato, si pone davanti al pc e scrive:

“Caro Oannes o Giovanni o Giona o Jonas e come ti chiami,

sei una ben strana creatura della mente degli uomini! Capisco perché abbiano inventato la tua storia, ma non del tutto. Devo approfondire.

Le antiche genti avevano paura di essere mangiate dai immaginari mostri marini, anche fluviali, come dai coccodrilli, ma i pescecani li conoscevano soltanto i naviganti, i marinai, e forse gli abitanti rivieraschi.

Nella vecchia Europa, mostri giganteschi ed aggressivi non si vedevano e nemmeno, credo, nell’Asia Minore. Magari nella Cina favolosa c’erano molti draghi, più che altro prodotti da fantasie. Comunque ti voglio dire che resto affascinato perché m’è parso di capire, caro Giona profeta, che tu sei stato un traditore della tua missione: dovevi andare a Ninive a profetare ma t’è presa la strizza e hai fatto finta di niente. Così, il solito Signore ti ha punito con una terribile tempesta, e con te tutto l’equipaggio, e sapendo i marinai che avevi contravvenuto alla missione, ti hanno sbattuto in acqua, in bocca a un mostro mille volte raffigurato.

Si dice che ti fossi pentito. Magari ti sarai ravveduto ancora di più stando dentro la pancia della bestiaccia. Probabilmente a forza di dispiacerti hai emesso umori ributtanti per cui sei diventato disgustoso e il brutto mostro ti ha vomitato.

E poi sei andato a predicare. Caro Giona, lo so che tu non sei davvero un profeta ma un’umana invenzione. Sei un essere mezzo pisciforme come quel più antico dio mesopotamico Oannes, tuo predecessore, col cappello che pare una mitria da vescovo?

Ho riflettuto, sai?

In fin dei conti credo di assomigliarti un poco, di essere anch’io uno che fugge.

Sono scappato tanti anni fa dalla chiesa cattolica ed ho fatto bene, ma dentro di me devo avere ancora dei conti in sospeso: sogno il teologo Vigna col capello da vescovo che pare un bocca pescecanesca mostruosa e mi insegue, mi perseguita, e a volte mi vuole divorare. Non so dirti come, non so dirti il finale. Però in me deve nascere un consapevole distacco dai mostri che assediarono la mia cattolicissima infanzia.

Sento ormai di essere stato rigettato dal mostro ma di vivere tuttavia un’attesa simile alla tua, su di una spiaggia arida: ti ho visto raffigurato su un famoso codice miniato tedesco, ove stavi seduto sconsolato sotto una pianta di ricino con appesa sopra la testa una gran zucca, quasi spada di Damocle, pronta a caderti in testa. Parevi molto sconsolato pur avendo svolto la tua missione e predicato ai Niniviti.

Non ho predicato a nessuno, io, però sono piuttosto triste in questo stralcio di vita già avanzata: a questa età mi sento irrisolto, un uomo da nulla, e sto scrivendoti proprio per consultarmi con te che hai avuto un fiero e saggio consiglio dal tuo Signore. Non posso io avere consigli o comandi di quel genere, da nessun signore!

Devo trovare dentro di me le parole, il motto e il modo di rinascere alla fiducia più che ad una fede.

Ho perso anch’io la rotta, a mio modo sono finito in bocca ad un mostro che si chiama melanconia, sfiducia, se non depressione. Però, l’averti incontrato mi ha fatto bene, a modo mio mi sono specchiato. Leggendo di te ho visto la mia bestiaccia e ti dico che la disegnerò, anzi, se tutto va bene, ne farò una piccola storia.

Caro Giona, Jonas, Oannes o uomo pesce, mi sei stato d’aiuto, davvero e ti scriverò ancora, magari chiamandoti Geppetto!”

Gli esegeti odierni concordano nel ritenere il Libro di Giona una “parabola” o un midrash, se non una novella, ricca di contenuto teologico e profetico. La scelta come personaggio principale di un profeta vissuto subito prima della distruzione d’Israele da parte degli assiri, spiega perché Giona si rifiuti inizialmente di predicare loro e sia rattristato dal perdono divino. Se, infatti, Iddio avesse punito gli assiri distruggendoli, Israele si sarebbe salvato. La scelta del personaggio, cioè, è funzionale a sottolineare l’amore illimitato di Dio per tutti gli uomini, tesi fondamentale del libro.

Metto qui alcune immagini che vanno dal mitico dio Oannes alle figure di Giona profeta, tante volte raffigurato in miniature, affreschi e dipinti e anche una moderna incisione di Marc Chagall.