Incoerenza stilistica & coerenza formale

In questi anni, sfogliando, spostando, ammucchiando, ordinando molte delle mie opere non ho potuto fare a meno di ossevare che in cinquanta anni di “vita d’artista” avevo percorso una strada tortuosa.
Giro gli occhi e percorro le pareti del mio atelier: guardo una mia natura morta dipinta ad olio, tanti anni fa, e la trovo discreta, poi passo ad un dipinto tendenzialmente surreale e mi piace, illustra un momento del mio percorso. Scosto dal muro a cui sono appoggiati i quadri astratti e li considero ad uno a uno, quale migliore, quale mediocre e così via. Quindi i miei occhi vanno ad un’altra parete ove stanno appesi molti lavori polimaterici eseguiti in polietilene espanso dipinto (ethafoam).
Sono sostanzialmente soddisfatto per parte del mio lavoro, tuttavia mi compaiono nella mente ben allineate e in grassetto le parole:
incoerenza stilistica
Cioè io ho cominciato, come quasi tutti i pittori, a dipingere cose riconoscibili, oggetti vero/simili, ma non ho mai avuto la pretesa di imitare davvero il reale, il visibile, di cui, se mai, ho realizzato interpretazioni.
Ho percorso poi vie surreali perché mi interessava creare forme più vicine al mondo dell’inconscio, quindi ho cercato di penetrare più profondamente il mondo interiore servendomi di una pittura astratto simbolica. L’ ho fatto per rendere più chiare e decifrabili ai miei stessi occhi tensioni interiori ancora confuse e per esplorare il mondo fisico della materia pittorica. Le stesse composizioni polimateriche, in tre dimensioni, hanno gli stessi intendimenti, non solo a “mostrare”, ma sono opera di ricerca nello sforzo di “comprendersi”. Anche gli acquerelli che faccio ancora, piuttosto decifrabili per tutti, hanno lo stesso fine, anche a livello ironico.

Tuttavia mi restano in testa le parole incoerenza stilistica, usate in senso negativo, in quanto lette, più volte, sulle pagine di critica d’Arte quando si tratta di artisti che si sono espressi in stili diversi nel corso della vita.
Ma so che molti artisti moderni e contemporanei non hanno potuto sperimentare più di tanto perché, quando hanno avuto successo di fama e vendite, hanno dovuto ripetere incessantemente la cifra, il modello che li caratterizzava e li aveva resi famosi, più che altro perché costretti dai propri mercanti che li obbligavano, e obbligano, a stare sul loro modulo di base che li rende riconoscibili.
È una regola che tanti artisti, sotto contratto, hanno dovuto subire per vendere, e lo so perché ne ho conosciuti di così vincolati. Per fare esempi noti pressoché a tutti, basti pensare a Capogrossi che ripetè per anni le sue forchette o a Fontana che rifece i suoi tagli a centinaia.
Soltanto alcuni pittori della prima modernità, che avevano raggiunto una fama indiscussa, come Picasso, Braque, Max Ernst, e pochi altri, hanno potuto esplorare e vagare in aeree varie dell’espressione pittorica e scultorea.

Mi hanno confortato le parole di Enrico Crispolti nel suo libro, “Come studiare l’Arte contemporanea” Donzelli editore. 2010:
“In realtà la coerenza o l’incoerenza di un artista sussiste, plausibilmente,soltanto rispetto a quello che l’artista intenda comunicare attraverso il linguaggio che immagina e pratica. E questi non è quindi di necessità coerente rispetto a una regola esterna, ma soltanto rispetto ad un’intenzione propria. Lo affermava già chiaramente Lionello Venturi nella sua in Storia della critica d’Arte, contestando il pregiudizio che le cosiddette «leggi dell’arte» fossero da considerare preminenti sulle scelte operate dalla personalità dell’artista, e avvertendo: «il giudizio dell’opera d’arte non va contraddetto da nessuna legge estranea alla personalità. Dunque la personalità artistica va considerata come legge di se stessa».
Ed ancora:
“Oltre quello della coerenza formale esiste anche il mito di una coerenza del percorso dell’artista. Vale a dire di colui che non muta mai sostanzialmente i propri modi formali, oppure li cambia soltanto evolutivamente, in senso del tutto lineare; e dunque al quale meno che mai sia concesso lavorare contemporaneamente su piani diversi. Oggi simili pregiudizi sono quasi completamente superati, tuttavia può capitare di trovarseli ancora in campo, e in misura abbastanza preoccupante soprattutto lavorando in una dimensione storiografica. “

Ne deduco, e ne sono proprio convinto, di aver percorso una via di ricerca che in vari modi espressivi fosse anche un’esplorazione interiore costruita con tecniche disparate ma coerente con la mia personalità, le mie esigenze.tavola.1tavola.2.tavola.3.tavola.4tavola.5