Le mie LETTERE DA UN BUGIGATTOLO che si immergono e s’impegolano nel MAGO DI OZ

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LETTERE DA UN BUGIGATTOLO

Nel mio ultimo libro LETTERE DA UN BUGIGATTOLO edito da Golem Edizioni (a cui tengo moltissimo) il protagonista, Nino, per sfarfugliarsi da dilemmi e dubbi interiori, per chiarirsi e conciliarsi con certe sue ubbie e nevrastenie che lo disturbano parecchio prende a scrivere lettere a certi suoi mitici personaggi, compagni simbolici della sua infanzia. Così decide di spedire missive anche ai noti protagonisti del fantastico libro libro di Franz Baum, IL MAGO DI OZ…

“Cari, miei cari amici pupazzi, Uomo di latta e Spaventapasseri, creature del magnifico Franz Baum: io vi ho amato, ammirato molto, ma debbo dirvi sinceramente che tutta l’opera, il film in cui siete coprotagonisti mi mise una certa paura quando la vidi da bambino e ora vado a spiegarvi il perché. Avete presente che all’inizio della storia la casa dove la cara Dorothy abita viene risucchiata da una tromba d’aria e la ragazzina finisce in un paese davvero strano, estraneo, cioè il vostro, ove c’è una strada lastricata di piastrelle gialle!? Ebbene: quando ho visto il film la prima volta, mi sono spaventato davanti a quelle scene, ho messo la faccia nel grembo di mia madre. Non volevo più saperne di case sparite, risucchiate da tifoni, e poi di lisce strade gialle ricoperte di piastrelle quasi identiche a quelle del nostro ingresso. Avevo paura da morire di perdere la mia casa e la mia famiglia. Fu un trauma vero e proprio! Poi ho rialzato la testa, forzato dalla mamma. Vedendovi più avanti nella storia vi ho trovati molto strambi, anzi fastidiosi: mi era insopportabile che un tale, composto di pezzi di lamiera lucida, con in testa un imbuto, piangesse e temesse che le sue lacrime l’arrugginissero, e che una specie d’uomo impagliato, uno spaventapasseri o merli o corvi, fosse animato, se ne andasse in giro, invece di stare infilzato su di un palo in un campo, e temesse fiammiferi e incendi. Tutto questo insieme di personaggi, figure, facce e le loro azioni così incomprensibili, sconvolgeva il mio tentativo infantile di costruire e razionalizzare il piccolo mondo circostante, che doveva essere bello e buono, sicuro, con un papà e una mamma immortali. Per questo vi scrivo, per dirvi che mi siete stati non oggetto di odio, ma certo di stupore e paura, creature assai temibili perché partorite da una fantasia troppo ardita, inaccettabile, che mi sradicava dal mio sicuro nido. Vi dico che mi erano più comprensibili le streghe del Nord, del Sud e le scimmie volanti. Le piastrelle gialle, il Sentiero di mattoni gialli, tutti lustri, no! E quegli altri omini mezzi meccanici, i Mastichini o Munchkin, mi davano pure essi assai fastidio e tremore, li ho odiati.

Se è possibile ora consolarvi posso confessarvi di aver avuto anche una paura tremenda, negli stessi anni, quando ho visto per la prima volta, al cinema parrocchiale, il cartone animato Alice nel paese delle meraviglie di Walt Disney……………………

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Lettere da un bugigattolo: in compagnia del profeta Giona, di Oannes e di Johannes

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Nel mio ultimo romanzo “Lettere da un bugigattolo”, uscito nel marzo di quest’anno 2023 per Golem editore, il mio protagonista Nino Ferrero riflette parecchio sul suo passato ed in un tratto gli balugina tra gli occhi il profeta Giona di cui tanto aveva sentito affabulare da ragazzo. Per questo è stimolato a studiare la presenza di uomini ingoiati o divorati da mostri marini nell’antichità e scopre sul web l’esistenza di un antichissimo dio mesopotamico detto Oannes mezzo uomo e mezzo pesce; ricorda e riflette pure sulle parole evangeliche “Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Johannes” cioè Giovanni il Battista, detto uomo d’acqua perché è quasi sempre raffigurato coi piedi in una pozza o torrente per battezzare. Ha quindi una sorta di insight o illuminazione: la faccenda dei pesci, degli dei e dei mostri marini che ingoiano uomini e poi li risputano prende ad affascinarlo moltissimo, tanto che, buttate le acciughe in frigo che aveva appena acquistato al mercato, si pone davanti al pc e scrive:

“Caro Oannes o Giovanni o Giona o Jonas e come ti chiami,

sei una ben strana creatura della mente degli uomini! Capisco perché abbiano inventato la tua storia, ma non del tutto. Devo approfondire.

Le antiche genti avevano paura di essere mangiate dai immaginari mostri marini, anche fluviali, come dai coccodrilli, ma i pescecani li conoscevano soltanto i naviganti, i marinai, e forse gli abitanti rivieraschi.

Nella vecchia Europa, mostri giganteschi ed aggressivi non si vedevano e nemmeno, credo, nell’Asia Minore. Magari nella Cina favolosa c’erano molti draghi, più che altro prodotti da fantasie. Comunque ti voglio dire che resto affascinato perché m’è parso di capire, caro Giona profeta, che tu sei stato un traditore della tua missione: dovevi andare a Ninive a profetare ma t’è presa la strizza e hai fatto finta di niente. Così, il solito Signore ti ha punito con una terribile tempesta, e con te tutto l’equipaggio, e sapendo i marinai che avevi contravvenuto alla missione, ti hanno sbattuto in acqua, in bocca a un mostro mille volte raffigurato.

Si dice che ti fossi pentito. Magari ti sarai ravveduto ancora di più stando dentro la pancia della bestiaccia. Probabilmente a forza di dispiacerti hai emesso umori ributtanti per cui sei diventato disgustoso e il brutto mostro ti ha vomitato.

E poi sei andato a predicare. Caro Giona, lo so che tu non sei davvero un profeta ma un’umana invenzione. Sei un essere mezzo pisciforme come quel più antico dio mesopotamico Oannes, tuo predecessore, col cappello che pare una mitria da vescovo?

Ho riflettuto, sai?

In fin dei conti credo di assomigliarti un poco, di essere anch’io uno che fugge.

Sono scappato tanti anni fa dalla chiesa cattolica ed ho fatto bene, ma dentro di me devo avere ancora dei conti in sospeso: sogno il teologo Vigna col capello da vescovo che pare un bocca pescecanesca mostruosa e mi insegue, mi perseguita, e a volte mi vuole divorare. Non so dirti come, non so dirti il finale. Però in me deve nascere un consapevole distacco dai mostri che assediarono la mia cattolicissima infanzia.

Sento ormai di essere stato rigettato dal mostro ma di vivere tuttavia un’attesa simile alla tua, su di una spiaggia arida: ti ho visto raffigurato su un famoso codice miniato tedesco, ove stavi seduto sconsolato sotto una pianta di ricino con appesa sopra la testa una gran zucca, quasi spada di Damocle, pronta a caderti in testa. Parevi molto sconsolato pur avendo svolto la tua missione e predicato ai Niniviti.

Non ho predicato a nessuno, io, però sono piuttosto triste in questo stralcio di vita già avanzata: a questa età mi sento irrisolto, un uomo da nulla, e sto scrivendoti proprio per consultarmi con te che hai avuto un fiero e saggio consiglio dal tuo Signore. Non posso io avere consigli o comandi di quel genere, da nessun signore!

Devo trovare dentro di me le parole, il motto e il modo di rinascere alla fiducia più che ad una fede.

Ho perso anch’io la rotta, a mio modo sono finito in bocca ad un mostro che si chiama melanconia, sfiducia, se non depressione. Però, l’averti incontrato mi ha fatto bene, a modo mio mi sono specchiato. Leggendo di te ho visto la mia bestiaccia e ti dico che la disegnerò, anzi, se tutto va bene, ne farò una piccola storia.

Caro Giona, Jonas, Oannes o uomo pesce, mi sei stato d’aiuto, davvero e ti scriverò ancora, magari chiamandoti Geppetto!”

Gli esegeti odierni concordano nel ritenere il Libro di Giona una “parabola” o un midrash, se non una novella, ricca di contenuto teologico e profetico. La scelta come personaggio principale di un profeta vissuto subito prima della distruzione d’Israele da parte degli assiri, spiega perché Giona si rifiuti inizialmente di predicare loro e sia rattristato dal perdono divino. Se, infatti, Iddio avesse punito gli assiri distruggendoli, Israele si sarebbe salvato. La scelta del personaggio, cioè, è funzionale a sottolineare l’amore illimitato di Dio per tutti gli uomini, tesi fondamentale del libro.

Metto qui alcune immagini che vanno dal mitico dio Oannes alle figure di Giona profeta, tante volte raffigurato in miniature, affreschi e dipinti e anche una moderna incisione di Marc Chagall.

Eremiti, frati ed erranti

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Alla fine degli anni ’60, cioè intorno alla mia età di ventotto, ventinove anni cioè presso i trenta, che secondo me è la stagione propria alla maturità, ero entrato in una crisi profonda con la fede cristiana cattolica in cui ero stato allevato.

Riflettevo parecchio e leggevo libri di storia delle religioni, sentivo forte la necessità di una fede e nello stesso tempo i dubbi mi segnavano, avevo lasciato da poco un comunità cattolica del dissenso in cui tuttavia avevo coltivato fruttuose discussioni e creato salde, forti amicizie.

Sentivo forte ancora il bisogno di un rifugio interiore, e un’aspirazione ad una metafisica, aerea sede dei mei sogni spirituali. Nello stesso tempo avevo dei forti dubbi sul valore, sul colore sul valore e significato della parola spirito. Non mi appagavano affatto varie metafisiche filosofiche moderne o antiche. La parola stessa Metafisica cominciò a disturbarmi, perché andavo immaginando che non avesse più senso se non nei libri di Storia della Filosofia.

Cercai libri, testi su altre religioni, mi avvicinai allo yoga, a certe concezioni del mondo buddhiste che mi hanno dato una visione più congeniale a ciò che sentivo, di cui avevo bisogno, a cui aspiravo, lessi opere di Sri Aurobindo e quasi contemporaneamente presi a disegnare dei frati nella propria cella partendo dal modello figurativo eccellente di Albrecht Dürer con il suo “San Girolamo nello studio”, tracciai a penna e pennino con la china, degli eremiti, degli erranti ( in tutti i sensi), e con questa ricerca artistica, voglio dire “approfondita” mi sembrò di rendermi più libero da pastoie dialettiche e più abile nel disegno. La pratica della concentrazione sui fini tratti che tracciavo, sulle forme che costruivo divenne una sorta di meditazione a cui mi abbandonai e mi servì molto per uscire da una crisi che mi aveva segnato.

Qui per documentare quanto ho scritto pongo alcuni di quei disegni dei primi anni settanta.

Dietro lo specchio, oltre il riflesso… un nuovo romanzo che nasce in un ascensore

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Questa galleria contiene 3 immagini.

Nel 1922, cioè nel 2022, (avevo sbagliato secolo… è una questione subdo/temporale), ho iniziato a dibattermi su di un nuovo testo, una nuova storia che da alcuni mesi ho terminato, corretto, rivisto, ricorretto et cetera.  Avevo una gran voglia di … Continua a leggere